La disciplina del segreto sulle origini dell’adottato nell’impostazione originaria della legge n. 184 del 1983
La disciplina riguardante l’adozione piena, dettata dalla legge 184/83, si orientava verso una “seconda nascita” del minore.
Infatti non era previsto, nell’assetto originario della legge sull’adozione, né che il minore potesse accedere alle informazioni riguardanti i propri genitori naturali né la possibilità, per il minore stesso, di essere portato a conoscenza della sua condizione.
La riforma attuata dalla legge 149/2001
La legge 149/2001, innovando l’originario testo della legge sull’adozione, ha mutato prospettiva e ha introdotto il diritto dell’adottato ad accedere alle informazioni riguardanti le proprie origini.
La riforma è intervenuta per dare attuazione alla Convenzione sui diritti del fanciullo firmata a New York nel 1989 e – in particolare – dell’art. 30 della Convenzione dell’Aja del 1993, ratificata in Italia con la legge 476/1998.
Infatti l’art. 30 della Convenzione dell’Aja – in materia di adozione internazionale – richiede alle autorità competenti di ciascuno Stato contraente di conservare con cura le informazioni in loro possesso sulle origini del minore.
In particolare devono essere conservate le informazioni relative alla madre e al padre, nonché i dati sul precedente quadro sanitario del minore e della sua famiglia.
L’art. 30 stabilisce inoltre che le medesime autorità assicurano l’accesso del minore o del suo rappresentante a tali informazioni.
Il divieto di circolazione delle notizie relative al rapporto di adozione
La legge sull’adozione prevede il divieto di circolazione delle informazioni relative al rapporto di adozione instauratosi tra gli adottanti e l’adottato.
Qualsiasi attestazione di stato civile riferita all’adottato deve essere rilasciata con la sola indicazione del nuovo cognome e con l’esclusione di qualsiasi riferimento alla paternità e alla maternità del minore e dell’annotazione della sentenza a margine dell’atto.
L’ufficiale di stato civile, così come qualsiasi ente pubblico o privato, deve rifiutarsi di fornire notizie, informazioni, certificazioni, estratti o copie dai quali possa risultare il rapporto di adozione, salvo il caso di espressa autorizzazione da parte dell’autorità giudiziaria.
Non è però necessaria l’autorizzazione del Tribunale qualora la richiesta provenga dall’ufficiale di stato civile, per verificare se sussistono impedimenti matrimoniali.
Se sussistono gravi e comprovati motivi, il Tribunale per i minorenni autorizza i genitori adottivi ad accedere alle informazioni concernenti l’identità dei genitori biologici.
Il diritto di conoscere la propria condizione
La legge, nell’ottica di attuazione del suddetto diritto dell’adottato, richiede la collaborazione dei genitori adottivi. Il compito che i genitori adottivi devono svolgere è quello di informare il figlio adottivo sulla sua condizione.
L’art. 28, I comma, della legge n. 184 del 1983 stabilisce infatti che “il minore adottato è informato di tale sua condizione ed i genitori adottivi vi provvedono nei modi e nei termini che essi ritengono più opportuni“.
I genitori adottivi possono scegliere i modi e i termini che ritengono opportuni per la rivelazione, ma non possono sottrarsi a tale compito, configurandosi oggi, in capo all’adottato, un vero e proprio diritto a conoscere la propria condizione.
Si tratta, pertanto, di un obbligo che la legge prevede per i genitori del figlio adottato.
La ricerca della propria identità biologica. I caso: l’adottato è stato riconosciuto alla nascita
L’adottato, una volta venuto a conoscenza della sua condizione, può presentare istanza al Tribunale per i minorenni per avviare un procedimento che ha come obiettivo l’accesso alle informazioni che riguardano la sua origine e l’identità dei genitori biologici.
Il procedimento stabilito dall’art. 28, V comma, riguarda gli adottati che siano stati riconosciuti alla nascita dai genitori naturali.
L’istanza deve essere presentata al Tribunale per i minorenni del luogo di residenza dell’adottato. Risulta necessario che l’adottato richiedente abbia raggiunto il venticinquesimo anno di età.
È possibile presentare l’istanza anche al mero raggiungimento della maggiore età ma, in tal caso, devono sussistere gravi e comprovati motivi relativi alla salute psico-fisica dell’istante.
L’autorizzazione del Tribunale per i minorenni non è necessaria, e l’accesso alle informazioni deve essere concesso, quando i genitori siano entrambi deceduti o divenuti irreperibili.
Il procedimento innanzi al Tribunale per i minorenni
Il Tribunale per i minorenni, ricevuta l’istanza dell’adottato, procede all’audizione delle persone di cui ritenga opportuno l’ascolto.
Devono essere assunte infatti tutte le informazioni di carattere sociale e psicologico, al fine di valutare che l’accesso alle notizie riguardanti le origini dell’adottato non comporti grave turbamento all’equilibrio psico-fisico dell’istante.
Se l’istruttoria ha esito positivo, il Tribunale per i minorenni autorizza – con decreto – l’accesso alle notizie richieste.
Il diritto della madre all’anonimato
La madre, nel nostro ordinamento, ha diritto di dichiarare, in seguito al parto, di non voler essere nominata nell’atto di nascita.
La volontà della madre di non essere nominata è assicurata dalla legge: si veda l’art. 30, I comma, del decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396.
Questa opportunità che la legge offre alla madre di rimanere anonima risponde a molteplici esigenze.
Viene tutelata la gestante che potrebbe trovarsi in difficoltà economiche o personali, alla quale è offerta così la possibilità di partorire comunque in una struttura sanitaria – con garanzia di un parto in situazioni ottimali – e contestualmente, in conseguenza di ciò, viene tutelato il bambino.
Obiettivo è anche quello di diminuire le scelte di aborto, gli abbandoni di neonati in condizioni rischiose e gli infanticidi.
La ricerca della propria identità biologica. II caso: l’adottato non è stato riconosciuto alla nascita
Nel caso in cui la madre abbia dichiarato di voler rimanere anonima e non abbia riconosciuto il figlio, la ricerca delle origini da parte dell’adottato diviene più complicata.
L’art. 28, VII comma, della legge sull’adozione stabilisce che “l’accesso alle informazioni non è consentito nei confronti della madre che abbia dichiarato alla nascita di non voler essere nominata ai sensi dell’articolo 30, I comma, del decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396“.
La disciplina dettata dalla legge prevedeva, prima della sentenza della Corte costituzionale di cui si dirà a breve, che si potesse accedere alle informazioni riguardanti la madre al momento del compimento dei 100 anni dalla nascita del figlio. Si seguiva l’apposita norma contemplata nel Codice in materia di protezione dei dati personali.
Il bilanciamento di due contrapposti interessi: il diritto della madre di non essere nominata e il diritto del figlio di conoscere le proprie origini
La sentenza 22 novembre 2013, n. 278 della Corte Costituzionale ha mutato prospettiva, dando spazio ai bisogni dei figli adottivi.
La Corte costituzionale ha dichiarato l’incostituzionalità del comma VII dell’art. 28 della legge n. 184 del 1983, nella parte in cui non prevede – attraverso un procedimento, stabilito dalla legge, che assicuri la massima riservatezza – la possibilità per il giudice di interpellare la madre – che abbia dichiarato di non voler essere nominata ai sensi dell’articolo 30, I comma, del d.p.r. 3 novembre 2000, n. 396 – su richiesta del figlio, ai fini di un eventuale revoca di tale dichiarazione.
La Corte costituzionale, nel pronunciarsi in questo senso, ha seguito il monito proveniente dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.
L’Italia infatti era stata condannata dalla Corte di Strasburgo perché la normativa nazionale non aveva “stabilito un equilibrio e una proporzionalità tra gli interessi delle parti in causa” ovvero l’interesse della madre a rimanere anonima e l’interesse del figlio a conoscere le proprie origini.
La ricerca delle informazioni riguardanti fratelli e sorelle per i quali è stata disposta l’adozione
La legge n. 184 del 1983, all’art. 28, V comma, prevede esclusivamente la possibilità per l’adottato di ricercare informazioni che riguardano l’identità dei soli genitori biologici.
Attraverso un’ interpretazione estensiva dell’art. 28, V comma, è diventata prassi per alcuni Tribunali per i minorenni quella di ammettere la richiesta di ottenere informazioni sulla situazione di fratelli e sorelle dati in adozione.
Dunque è possibile la ricerca di fratelli e sorelle biologici dai quali l’istante sia stato separato in seguito a un procedimento di adozione.
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