L’affidamento preadottivo Il provvedimento, la revoca, l'impugnazione e i casi particolari.

Inquadramento dell’istituto

La legge n. 184 del 1983 dedicata alle adozioni distingue al suo interno l’affidamento familiare dall’affidamento preadottivo.

Trattasi di due istituti che possono sembrare simili, ma non lo sono per nulla, in quanto vengono applicati dal tribunale sulla base di presupposti diversi.

Infatti sono del tutto differenti le finalità che sottendono ciascuna di tali misure.

L’affidamento familiare

L’affidamento familiare si configura come uno strumento di tutela del minore che non sia inserito in un ambiente familiare idoneo.

Questo istituto è utilizzato al fine di garantire al minore di vivere in una famiglia o in una comunità familiare per il tempo necessario perché possa essere reinserito nel suo nucleo familiare originario.

In seguito a un provvedimento emesso dal tribunale sorge l’affidamento in discorso, il quale ha carattere essenzialmente temporaneo.

La permanenza nel nuovo ambiente cessa infatti se viene meno la situazione di difficoltà della famiglia di origine o se l’affidamento reca pregiudizio al minore.

L’affidamento preadottivo

L’affidamento preadottivo invece è una delle fasi del procedimento di adozione del minore.

La legge italiana prevede che, a seguito il provvedimento che decide lo stato di adottabilità del minore e prima della definitiva dichiarazione di adozione, il minore sia inserito presso la famiglia adottante per un periodo di almeno un anno, prorogabile a due, in cui si verificherà la compatibilità tra l’adottato e gli adottandi.

L’istituto, quindi, anch’esso caratterizzato dalla temporaneità, non ha il fine del reinserimento nel nucleo familiare di origine, ma quello dell’inserimento definitivo dell’adottato nella nuova famiglia.

L’affidamento preadottivo è deciso dal tribunale per i minorenni in camera di consiglio, sentiti il pubblico ministero, gli adottandi, gli ascendenti degli adottandi se presenti.

Viene sempre sentito il minore che abbia compiuto gli anni 12 e, se capace di discernimento, anche il minore di età inferiore.

Il minore che abbia compiuto gli anni 14 deve dare espresso consenso all’affidamento preadottivo.

Tempi dell’affidamento

Il tribunale per i minorenni che ha disposto l’affidamento preadottivo, trascorso un anno da tale provvedimento – sentito il pubblico ministero, il tutore, gli adottandi e i loro ascendenti e discendenti (se maggiori di anni 14), nonché il minore (se maggiore di anni 12 o anche di età inferiore se capace di discernimento) – verifica che ricorrano le condizioni previste dalla legge e provvede dando o meno luogo all’adozione.

Tale termine può essere prorogato dal tribunale per un altro anno, d’ufficio o su richiesta dei coniugi affidatari, sempre nell’interesse del minore.

In particolare, l’affidamento preadottivo viene prorogato nei casi in cui vi siano difficoltà di inserimento del minore tali da rendere necessario un lasso di tempo ulteriore prima di giungere al decreto motivato sull’adozione.

La ratio della proroga è quella di concedere un ulteriore periodo di prova alla famiglia che si sta formando, per consentire alla stessa di raggiungere un buon grado di integrazione e stabilità a tutela dei diritti fondamentali del minore.

La revoca dell’affidamento preadottivo

Il tribunale per i minorenni – d’ufficio o su istanza del pubblico ministero, del tutore o dei servizi locali – revoca con decreto motivato l’affidamento preadottivo quando riscontra gravi difficoltà di convivenza tra il minore e gli altri membri della famiglia affidataria.

Il decreto va comunicato al pubblico ministero, agli affidatari e al tutore.

L’impugnazione del decreto di revoca dell’affidamento preadottivo

Il decreto di revoca dell’affidamento preadottivo può essere impugnato dal pubblico ministero o dal tutore entro dieci giorni dalla sua comunicazione, con reclamo alla sezione per i minorenni della corte d’appello.

La corte decide con decreto motivato, sentiti il ricorrente, il pubblico ministero e gli altri soggetti indicati dalla legge, tra cui lo stesso minore che abbia compito gli anni 12 o, se capace di discernimento, anche di età inferiore.

Problematiche relative alla coppia adottante

Qualora uno dei coniugi muoia o diventi incapace durante l’affidamento preadottivo, al fine di salvaguardare l’interesse del minore alla continuità affettiva è possibile procedere con l’adozione su istanza del coniuge superstite.

Precisamente, nel caso di morte l’adozione si realizza comunque nei confronti di entrambi i coniugi e in relazione al coniuge deceduto essa ha effetto dal giorno del decesso.

Qualora i due coniugi si separino nel corso dell’affidamento preadottivo, l’adozione può essere disposta, sempre al fine della salvaguardia degli interessi del minore, nei confronti di uno solo o di entrambi gli affidatari, qualora vi sia apposita richiesta in tal senso.

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