La sentenza della Corte costituzionale
Con sentenza del 21 dicembre 2016, n. 286, la Corte costituzionale, dichiarando l’illegittimità costituzionale di alcune norme, ha sostanzialmente dettato una nuova regola.
In virtù di questa decisione, i genitori, di comune accordo, possono trasmettere ai figli anche il cognome materno.
Il Prof. Avv. Gaetano Edoardo Napoli è stato intervistato da un quotidiano torinese sul tema della trasmissione del cognome, così riaperto dalla nostra Consulta.
Per leggere l’intervista, si può cliccare qui.
Se ne riassume, qui di seguito, qualche passaggio.
I precedenti
Già in passato, sono stati sollevati dubbi sulla legittimità costituzionale delle norme che conducono all’automatica attribuzione al figlio del solo cognome paterno (anche in caso di accordo dei genitori in senso contrario).
La Consulta ha tuttavia modificato solo nell’ultimo decennio la propria posizione tradizionale, che la portava a considerare in linea con la Costituzione l’attribuzione al figlio del solo cognome paterno.
Di recente, infatti, la Corte costituzionale ha finalmente auspicato un intervento del legislatore al fine della realizzazione dell’uguaglianza tra padre e madre con riguardo alla trasmissione del cognome.
I giudici della Consulta hanno però ritenuto di non intervenire direttamente, per non creare alcun vuoto legislativo in materia, cosa che si verifica solitamente in seguito alla dichiarazione di illegittimità di una norma (cfr. Corte Cost., 16 febbraio 2006, n. 61; Corte Cost., ord., 27 aprile 2007, n. 145; Cass., 14 luglio 2006, n. 16093).
Mancando l’intervento del legislatore, nel 2016 la Corte costituzionale ha operato “in supplenza”, con una pronuncia “interpretativa” di accoglimento, volta a riscrivere la norma dichiarata incostituzionale.
L’uguaglianza dei genitori, anche in ordine alla trasmissione del cognome
La prevalenza del cognome paterno può considerarsi certamente un retaggio del modello della famiglia patriarcale, che non può trovare conferma nell’attuale quadro sociale della famiglia.
Ogni privilegio concesso al padre in questo campo contrasta con la considerazione del cognome quale effettivo segno di identificazione della persona, da collegare all’appartenenza a un gruppo familiare (di cui fanno parte anche le donne).
Deve quindi condividersi il principio espresso dalla Corte costituzionale nel 2016.
L’intervento della Consulta riguarda, tuttavia, solo l’eventualità in cui i genitori raggiungano un accordo in ordine alla trasmissione del cognome anche materno.
Le tradizionali regole sulla trasmissione del cognome, quindi, in mancanza di un tale accordo, restano immutate.
Le soluzioni offerte in caso di cittadinanza anche straniera
La Corte di Giustizia CE si è occupata di una particolare questione, in tema di acquisto del cognome dei genitori.
Il caso riguarda il soggetto, con più cittadinanze, che richieda a uno Stato di cui è cittadino la modifica del proprio cognome, diretta a renderlo conforme a quello doppio (paterno e materno) acquisito secondo la legge di altro Stato di cui il soggetto stesso è ugualmente cittadino.
Si è affermato che il rifiuto di provvedere alla modifica contrasta con i principi di diritto europeo. Precisamente, si è ritenuto che il suddetto diniego violi il diritto di non subire discriminazioni in ordine all’applicazione delle norme che disciplinano il cognome (Corte di Giustizia CE, 14 ottobre 2008, C-353/06; Corte di Giustizia CE, 2 ottobre 2003, C-148/02).
La Suprema Corte di cassazione, in linea con i principi ispiratori di questo orientamento, ha precisato che il cittadino extracomunitario che abbia acquisito la cittadinanza italiana per naturalizzazione, senza perdere quella straniera di origine, ha il diritto di portare anche in Italia il proprio originario doppio cognome (Cass. 17 luglio 2013, n. 17462).
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La Consulta, con l’intervento di cui si è detto qui sopra, ha toccato il tema dell’uguaglianza tra i genitori.
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