Licenziamento illegittimo del dipendente che inciti i colleghi al sabotaggio Cassazione 9 febbraio 2017 n. 3484

Il caso esaminato in materia di licenziamento.

Una casa automobilistica ha appreso che un proprio dipendente ha fatto circolare – tra i lavoratori dislocati presso altre sedi della medesima azienda – un comunicato contenente alcune informazioni aziendali.

Col comunicato, dal contenuto ingiurioso e dai toni screditanti, i lavoratori hanno ricevuto un incitamento “a resistere e sabotare l’azienda che ci ha dissanguati per anni ed ora ci sputa addosso“.

Esso è stato diffuso utilizzando l’indirizzo di posta elettronica aziendale.

La società datrice, a conclusione del procedimento disciplinare, ha così irrogato il licenziamento al lavoratore che ha inviato quel messaggio.

Quest’ultimo ha deciso di rivolgersi al giudice del lavoro per far dichiarare illegittimo il licenziamento.

I giudici di merito, al cui esame è stata sottoposta la questione, hanno statuito che le espressioni utilizzate nel messaggio di posta elettronica rientrerebbero nella normale conflittualità aziendale.

Hanno affermato, al riguardo, che, nella specie, i destinatari della comunicazione, di qualifica impiegatizia, erano in grado, “per livello culturale e per conoscenza personale del mittente”, di comprendere perfettamente e di contestualizzare il contenuto del messaggio.

In sostanza, le finalità informative e divulgative del predetto messaggio di natura sindacale escludevano, secondo i giudici, un utilizzo illecito della casella di posta elettronica dell’azienda.

Di conseguenza, il lavoratore ha ottenuto l’annullamento della sanzione per illegittimità del licenziamento.

Il principio di diritto espresso dal Supremo Collegio.

Il licenziamento è una sanzione grave che si giustifica in presenza di una fattispecie che in concreto sia “idonea a ledere irrimediabilmente la fiducia circa la futura correttezza dell’adempimento della prestazione dedotta in contratto” da parte del lavoratore.

Tale situazione non ricorre quando il lavoratore invia mediante email aziendale un messaggio agli altri lavoratori, se il contenuto del messaggio – di evidente portata divulgativa e dal carattere sindacale – risulta di indubbio interesse aziendale (ad esempio, se fa, come nel caso di specie, espresso riferimento a una vertenza insorta presso altra sede).

Il ragionamento seguito dalla Suprema Corte in tema di licenziamento illegittimo.

Il carattere illegittimo del licenziamento è stato ribadito anche dalla Cassazione, a cui si è rivolta la casa automobilistica, soccombente nei due precedenti gradi di merito.

Secondo il Supremo Collegio, l’estrema misura del licenziamento è legittima se comminata in presenza di un fatto talmente grave da non consentire la prosecuzione, neppure temporanea, del rapporto di lavoro, in ragione della irrimediabile compromissione del vincolo fiduciario.

Il giudice di merito – afferma la Cassazione – deve verificare la proporzionalità tra infrazione e sanzione, avendo cura di accertare che la gravità della sanzione irrogata si giustifichi allorquando vi sia una compromissione irreparabile del vincolo fiduciario tra il datore e il lavoratore, con incidenza anche sulla futura correttezza dell’adempimento della prestazione dedotta in contratto da parte del lavoratore.

Nel caso esaminato, il messaggio inviato dal dipendente è stato trasmesso allo scopo di informare in merito a quanto stava accadendo presso altro stabilimento della società, in cui si era manifestata una vertenza, sicché esso rispondeva a un interesse aziendale.

La condotta del lavoratore è stata quindi legittima sicché la sanzione del licenziamento doveva essere annullata.

La proporzionalità tra infrazione e sanzione e la violazione dell’elemento fiduciario in tema di licenziamento

Nella decisione esaminata, la Cassazione richiama taluni precedenti in ordine alla violazione del principio di proporzionalità tra il fatto contestato e la sanzione comminata (art. 2106 c.c.).

Il riferimento è a Cass. 25 agosto 2016 n. 17355 – sentenza commentata sul nostro sito – in cui è stato considerato illegittimo il licenziamento intimato al dipendente pubblico che non aveva giustificato l’assenza, per malattia, di soli due giorni.

Si veda, ancora, Cass. 17 luglio 2015 n. 15058, che ha affermato l’illegittimità del licenziamento, perché sproporzionato, irrogato al dipendente sorpreso a consumare le scorte alimentari del supermercato alle cui dipendenze lavorava.

Merita infine di essere richiamata la recente Cass. 5 aprile 2017, n. 8816, in cui invece il Supremo Collegio ha reputato legittimo il licenziamento di un dipendente di una società di carburanti che aveva prelevato, durante il turno lavorativo, pochi litri di gasolio, in ragione della violazione del rapporto di fiducia e a prescindere dalla particolare tenuità del danno cagionato alla società datrice.

E, sempre in relazione alla violazione dell’elemento fiduciario, si richiama Cass. 8 giugno 2017 n. 14319, in cui si è affermata l’illegittimità del licenziamento irrogato a una dipendente di una società telefonica che accedeva al profilo dei clienti a cui non era abilitata, controllando il traffico telefonico effettuato da questi.

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