La rettificazione anagrafica senza intervento chirurgico
La I Sez. della Corte di Cassazione con sentenza n. 15138 depositata in data 20 luglio 2015 ha aperto le porte alla possibilità per la persona transessuale di ottenere la rettificazione anagrafica senza necessità di sottoporsi all’intervento chirurgico di adeguamento dei caratteri sessuali primari.
La tutela più efficace viene garantita, in questi casi, dal necessario ausilio di un avvocato esperto in materia, come può evincersi dalle righe che seguono.
L’interpretazione della legge 164 del 1982 fino al 2015
Secondo l’interpretazione adottata dalla maggior parte dei tribunali, fino all’innovativa sentenza del 2015 su menzionata, il transessuale poteva richiedere una sentenza (di mero accertamento) per procedere alla rettificazione dei dati anagrafici solo previo intervento modificativo dei caratteri sessuali primari.
La locuzione caratteri sessuali primari si fa riferimento agli organi genitali e riproduttivi.
Con il termine caratteri sessuali secondari si identificano le caratteristiche fisiche e psichiche, quali il timbro della voce, la conformazione del corpo nei suoi diversi tratti, i comportamenti e gli atteggiamenti esteriormente percepibili.
La necessità dell’innovazione interpretativa
Stando al precedente orientamento, il giudice ordinava l’adeguamento dei dati anagrafici solo sulla base di una cartella clinica che dimostrasse l’avvenuto intervento di adeguamento dei caratteri sessuali primari.
Nessun rilievo avevano, per l’accoglimento della domanda di rettificazione, i caratteri sessuali secondari.
Tale interpretazione comportava una ricostruzione non coerente con la verità delle cose. Poteva accadere, infatti, che la realtà percepita all’esterno, attraverso l’adeguamento dei caratteri secondari, generasse confusione, per la differenza tra le generalità della persona riportate nei documenti e il suo aspetto effettivo.
La sentenza 15138 del 2015: la situazione di fatto
Analizziamo adesso cosa ha statuito la Suprema Corte in materia.
Nel caso di specie, la Cassazione affrontava la richiesta di un soggetto che, una volta richiesta e ottenuta dal giudice l’autorizzazione a procedere all’intervento demolitivo, secondo l’iter processuale apposito, aveva iniziato la terapia ormonale e si era sottoposto a interventi di adeguamento dei caratteri sessuali secondari.
Attraverso tali interventi il soggetto aveva raggiunto la desiderata coincidenza tra soma e psiche e, dunque, non rinveniva più alcuna ragione per sottoporsi a un complesso intervento chirurgico di modifica dei tratti sessuali primari.
La questione sollevata innanzi alla Corte riguardava la possibilità per la persona transessuale, una volta adeguati i caratteri sessuali secondari alla propria percezione interiore, di procedere alla rettifica dei dati anagrafici senza intervento chirurgico di adeguamento anche dei caratteri sessuali primari.
La pronuncia della Corte
Presupposto da cui ha preso le mosse la Suprema Corte è stato il seguente: deve ritenersi fortemente lesivo del diritto costituzionale all’identità personale della persona transessuale dover evidenziare il contrasto tra dati anagrafici e la rappresentazione esterna (oltre che la percezione esteriore) di un genere diverso.
La Corte ha sottolineato che l’interesse tutelato dalla legge è quello di consentire alla persona transessuale di poter risolvere il contrasto interiore tra soma e psiche al fine di garantirle una rappresentazione di sé adeguata a quella psicologica.
Come sottolineato dalla stessa Corte la chirurgia in tale prospettiva non è la soluzione, ma solo un eventuale ausilio per il benessere della persona.
La Cassazione ha evidenziato inoltre che il punto d’arrivo ovvero il desiderio di realizzare la coincidenza tra soma e psiche è, anche in mancanza dell’intervento di demolizione chirurgica, il risultato di un’elaborazione sofferta e personale della propria identità di genere realizzata con il sostegno di trattamenti medici e psicologici corrispondenti ai diversi profili di personalità e di condizione individuale.
In tale situazione, come riconosciuto dalla stessa Corte, si distinguono diversi percorsi percorribili. La valutazione deve essere rapportata al caso concreto, in ragione del peculiare percorso seguito dall’istante.
Riguardo alla necessità di procedere all’intervento per acquisire la nuova identità, la Corte specifica che l’acquisizione di una nuova identità di genere può essere il frutto di un processo individuale che non ne postula la necessità, purché la serietà ed univocità del percorso scelto e la compiutezza dell’approdo finale sia accertata, ove necessario, mediante rigorosi accertamenti tecnici in sede giudiziale.
La Corte dunque ordina, nel caso di specie, la rettificazione dei dati anagrafici anche senza intervento chirurgico e apre le porte a una nuova interpretazione del testo normativo, maggiormente rispondente alle odierne necessità della società.
La competenza professionale dello Studio Legale in materia di rettificazione anagrafica
Oggi, la persona transessuale che voglia modificare le proprie generalità anagrafiche può, con l’ausilio di un avvocato esperto, rivolgersi al giudice anche senza aver effettuato l’intervento di adeguamento dei caratteri sessuali primari.
Per ottenere la sentenza che ordina la rettificazione anagrafica è sufficiente che si possa evincere la serietà e univocità della scelta intrapresa.
La persona interessata, tramite il proprio avvocato,
deve inoltre dimostrare di aver raggiunto la coincidenza tra percezione interiore e aspetto esteriore.
Lo Studio Legale vanta esperienza nei settori del diritto civile e dei diritti della personalità.
Lo Studio Legale fornisce l’assistenza legale necessaria al fine di ottenere la rettificazione anagrafica con e senza modificazione dei caratteri sessuali primari.
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