Il tema affrontato e la decisione della Cassazione
Con la sentenza in oggetto, la Corte di Cassazione ha avuto modo di esprimersi, di nuovo, relativamente al riconoscimento del diritto all’equo premio di cui all’art. art. 64 c.p.i..
Nello specifico, un lavoratore dipendente ha citato in giudizio una società, sua datrice di lavoro, al fine di ottenere la condanna della stessa al pagamento di un equo premio in ragione di alcune invenzioni di cui era direttore scientifico e già brevettate dalla società.
La medesima società è risultata soccombente in entrambi i gradi di giudizio di merito.
Ha così deciso di presentare ricorso davanti la Corte di Cassazione.
La Corte ha rigettato il ricorso e riconosciuto la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del diritto all’equo premio, sottolineando che
nell’invenzione di azienda la prestazione del dipendente non consiste nel perseguimento di un risultato inventivo, sicché il conseguimento di questo non rientra nell’attività dovuta, anche se resta pur sempre collegato a essa, e non è specificamente retribuito.
In luogo dello specifico corrispettivo la legge prevede, infatti, l’equo premio che risponde alla logica di indennizzare il dipendente espropriato del diritto di utilizzazione dell’invenzione.
Le invenzioni del dipendente e il diritto al brevetto
Ai sensi dell‘art. 63 c.p.i. la titolarità del diritto al brevetto (da distinguersi dal diritto sul brevetto) spetta all’autore dell’invenzione.
Questa regola può subire delle limitazioni nei casi in cui l’invenzione sia frutto di un’attività lavorativa all’interno di un’impresa.
Si fa riferimento, in particolare, ai casi in cui l’invenzione stessa sia finanziata dall’imprenditore o vi sia stato un incarico commissionato all’impresa da parte di terzi.
Le ipotesi relative alle invenzioni del lavoratore dipendente sono disciplinate dall’art. 64 c.p.i. e possono essere distinte in:
- invenzioni di servizio;
- invenzioni di azienda;
- invenzioni occasionali.
Le c.d. invenzioni di servizio
Si fa riferimento alle invenzioni di servizio quando
l’invenzione industriale è fatta nell’esecuzione o nell’adempimento di un contratto o di un rapporto di lavoro o d’impiego, in cui l’attività inventiva è prevista come oggetto del contratto o del rapporto e a tale scopo retribuita
Il dipendente viene dunque assunto e retribuito dall’azienda proprio al fine di ideare delle invenzioni.
Molto spesso, nella prassi, si tratta del soggetto collocato al vertice di una struttura predisposta, all’interno dell’azienda, appositamente per la ricerca di soluzioni inventive.
In questo caso, configurandosi un’obbligazione di mezzo, il diritto al brevetto spetta al datore di lavoro.
All’inventore viene riconosciuto il diritto morale (di natura personale) relativo alla paternità dell’invenzione.
Non è da escludere che tale diritto possa presentare comunque dei risvolti patrimoniali (ad esempio, quale fregio a livello curriculare).
Al titolare dell’invenzione non viene riconosciuto alcun compenso né alcun diritto di sfruttamento economico della stessa.
Sul datore di lavoro non è posto alcun obbligo di brevettare e fin quando non intraprende l’iter di brevettazione anche i diritti morali a favore dell’inventore restano quiescenti.
Le c.d. invenzioni di azienda
La fattispecie, diversa dalla precedente, che viene in considerazione nella sentenza in oggetto è quella delle c.d. invenzioni di azienda, per le quali il codice della proprietà industriale prevede che:
non è prevista e stabilita una retribuzione, in compenso dell’attività inventiva, e l’invenzione è fatta nell’esecuzione o nell’adempimento di un contratto o di un rapporto di lavoro o di impiego
L’’inventore non viene assunto dall’azienda proprio al fine di elaborare un’invenzione ma, comunque, l’invenzione trae origine dallo svolgimento delle mansioni a lui assegnate in ambito lavorativo.
In questo caso si instaura un rapporto di causalità fra, da un parte, l’ambiente lavorativo e le mansioni ricoperte e, dall’altra, il risultato inventivo.
L’ordinamento anche in questi casi riconosce la titolarità del diritto al brevetto in capo al datore di lavoro ma obbliga quest’ultimo alla corresponsione di un equo premio all’inventore.
Tale premio spetta all’autore dell’opera anche nel caso in cui il datore di lavoro decida di non brevettare l’invenzione.
Il quantum deve essere stabilito, così come emerso nella motivazione della sentenza sopra citata, in base a una serie di parametri, quali, ad esempio, l’importanza dell’invenzione e i mezzi messi a disposizione dall’azienda.
Le c.d. invenzioni occasionali
L’invenzione c.d. occasionale rientra nel campo di attività dell’azienda ma non è direttamente collegata alle mansioni che l’inventore è chiamato a svolgere nella stessa.
Secondo il codice della proprietà industriale, tale tipologia di invenzione si configura
qualora non ricorrano le condizioni previste nei commi 1 e 2 [si tratta delle ipotesi precedenti] e si tratti di invenzione industriale che rientri nel campo di attività del datore di lavoro.
Non si riscontra alcun rapporto di causalità fra l’attività di lavoro e l’invenzione ma, al limite, vi è, a monte, solo un incentivo a occuparsi di quel settore.
Non vi è dubbio che in questo caso il diritto al brevetto spetti all’inventore.
Tuttavia, la legge riconosce comunque un diritto di opzione in favore del datore di lavoro all’acquisto del brevetto.
Ciò comporta la sussistenza in capo all’inventore di un onere di comunicazione al datore di lavoro del deposito della domanda di brevetto.
Il datore di lavoro, dal canto suo, se decide di esercitare il suo diritto di opzione, deve, entro un certo termine (tre mesi con decorrenza dalla comunicazione dell’avvenuto deposito della domanda di brevetto), corrispondere all’inventore il prezzo fra loro concordato o, in mancanza di accordo, quello stabilito da un collegio arbitrale.
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