Il caso esaminato in tema di licenziamento illegittimo
Un lavoratore è stato licenziato dalla società per superamento del periodo di comporto.
In altri termini, il licenziamento è avvenuto a causa del superamento del limite di assenze per malattia, previsto dalla contrattazione di settore.
Il lavoratore, nella specie, era portatore di invalidità ex legge 12 marzo 1999 n. 68.
Le ragioni del lavoratore licenziato
Egli ha impugnato il provvedimento assumendo che le assenze per malattia sono da collegarsi a una patologia insorta in ragione delle mansioni lavorative.
Secondo il lavoratore, la società, pur consapevole delle sue limitate capacità lavorative, lo ha adibito a mansioni incompatibili con le proprie condizioni fisiche.
Il giudizio di merito
I giudici di merito, di primo e secondo grado, in accoglimento del ricorso, hanno dichiarato l’illegittimità del licenziamento irrogato.
In particolare, la corte di appello ha riconosciuto le mansioni cui è stato adibito il lavoratore invalido come non consone alle condizioni di salute dello stesso.
I giudici hanno considerato provato che la tipologia delle predette mansioni ha causato l’insorgenza dello stato patologico.
Le mansioni svolte dal lavoratore invalido
D’altronde il lavoratore ha dimostrato l’espletamento di mansioni che lo obbligavano ad assumere una postura eretta per diverse ore della giornata.
Ciò è si è verificato nonostante la limitata capacità lavorativa dello stesso prestatore di lavoro, ridotta dell’80%.
Il ricorrente ha anche provato l’insalubrità dell’ambiente lavorativo per stress termico. Precisamente, vi era un eccessivo calore in estate e un eccessivo freddo in inverno.
La violazione dell’art. 2087 del codice civile
Conseguentemente, le assenze per malattie dovute alla patologia manifestatasi dovevano ricondursi alla violazione degli obblighi di protezione.
Ci si riferisce agli obblighi a cui rinvia l’art. 2087 c.c., gravanti in capo alla società datrice.
Al datore di lavoro è infatti fatto espresso obbligo di garantire un ambiente lavorativo salubre.
Con riguardo al caso trattato, le assenze erano determinate da un inadempimento del datore di lavoro.
Quindi le stesse non potevano computarsi ai fini del periodo di comporto.
Il giudizio di cassazione sul licenziamento
La società datrice ha impugnato la sentenza, instaurando il giudizio innanzi alla Corte di Cassazione.
Viene così espresso dal Supremo Collegio un principio consolidato in giurisprudenza.
La Corte di Cassazione, con sentenza del 4 luglio 2017 n. 16393, nel confermare le decisioni di merito, ha affermato che
Il licenziamento per superamento del periodo di comporto è illegittimo se il lavoratore prova che le assenze per malattia, collegate con lo stato di invalidità, sono state determinate dal tipo di mansioni espletate, incompatibili con le sue condizioni fisiche
Se il datore di lavoro disattende le prescrizioni che gli impongono di considerare la ridotta capacità lavorativa del prestatore, si rende inadempiente.
La norma violata è proprio l’art. 2087 c.c.
La conseguente illegittimità del licenziamento
Laddove si provi che il predetto inadempimento cagiona o aggrava una patologia, le assenze che ne derivano non possono essere imputate al periodo di comporto.
Pertanto, se il numero di tali assenze supera il limite astratto consentito – si supera cioè il periodo di comporto – l’eventuale conseguente licenziamento è illegittimo.
I precedenti giurisprudenziali su tale tipo di licenziamento
Il principio è stato espresso negli stessi termini da altra decisione, risalente al mese di aprile 2017, con cui la Cassazione è però approdata a una conclusione opposta.
In tale ultimo caso, si trattava di un lavoratore invalido che era stato adibito anche a diverse mansioni rispetto a quelle previste in contratto.
Il contenuto promiscuo delle mansioni svolte impediva allora di ricollegare eziologicamente le assenze per malattia alla patologia causata o aggravata dalla qualità del lavoro prestato.
Si veda anche Cassazione 23 aprile 2004 n. 7730.
Essa ha già affermato che le assenze per malattia dipendenti dalla violazione degli obblighi di protezione da parte del datore non si includono nel computo del periodo di comporto.
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