Aspetti giuridici della relazione tra il medico e la persona assistita
Per comprendere le difficoltà di inquadramento della responsabilità medica nell’ambito degli schemi del diritto privato, è sufficiente analizzare l’evoluzione applicativa in materia.
Al riguardo, si consideri che l’alternanza di regole e principi speciali, di matrice spesso giurisprudenziale, ha fatto della responsabilità medica un settore a sé.
Due tipologie di responsabilità astrattamente applicabili
Sappiamo che nel nostro ordinamento sono compiutamente disciplinate due tipologie di responsabilità, quella contrattuale (artt. 1218 ss. c.c.) e quella extracontrattuale (artt. 2043 ss. c.c.).
Le due discipline sono simmetricamente differenti (quanto agli oneri probatori, alla quantificazione del risarcimento, al termine di prescrizione, ecc.)
La responsabilità del medico che esercita privatamente la propria professione, ad esempio presso un proprio studio, è stata inquadrata pacificamente nell’ambito della responsabilità contrattuale.
Sussiste in questo caso, infatti, un contratto d’opera professionale autonomo.
I problemi sono sempre sorti in relazione alla responsabilità del medico che presta la propria attività presso una struttura sanitaria pubblica.
La fattispecie complessa che viene in questione è quella medico-struttura-paziente.
Si tratta della situazione in cui un medico, dipendente di una struttura sanitaria pubblica, prende in cura un paziente che si è rivolto alla struttura stessa.
Analisi storica
Nell’Ottocento, la prestazione sanitaria veniva considerata come esercizio di un potere autoritativo.
La posizione del paziente di fronte al potere medico-sanitario era delineata come mero interesse legittimo.
Si riteneva sussistente quindi, non un diritto soggettivo, ma solo un interesse al buon andamento dell’amministrazione sanitaria.
Così, nessuna pretesa di ordine risarcitorio era ipotizzabile in capo al paziente.
Questa situazione era strettamente connessa alle condizioni dell’arte medica in quel tempo.
Nel XIX secolo si è avuta, d’altronde, la separazione della scienza medica dalle altre scienze. Inizialmente, la relazione col medico era vista come affidamento a una medicina spersonalizzante
La valorizzazione della persona.
La situazione comincia a cambiare con l’introduzione dell’anestesia, che ha assegnato alla persona una maggior valore dinanzi al trattamento medico.
Nel novecento si sono poi affermate le specializzazioni nei vari settori della medicina e il progresso del settore ha visto un’evoluzione significativa.
In questo contesto, si è avuta l’entrata in vigore della Costituzione, il cui art. 32 tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività
Mentre in un primo momento la norma è stata considerata meramente programmatica, dagli anni Settanta in poi è prevalsa l’accezione precettiva
La salute è stata considerata dunque non più come assenza di patologia bensì come conseguimento di un benessere psico-fisico.
Le leggi speciali
La valorizzazione dell’individuo e del diritto alla salute, come benessere, si è riflessa nelle scelte legislative.
Alla fine degli anni Settanta e all’inizio degli anni Ottanta più leggi si sono occupate del benessere psico-fisico.
Si pensi alla legge sull’interruzione volontaria della gravidanza, a quella che ha istituito il Servizio Sanitario Nazionale, a quella sull’assistenza psichiatrica, a quella sul mutamento di sesso.
E nella scienza medica si sono affermate delle linee di progresso di rilievo, con l’affermazione degli interventi medici migliorativi, sempre a tutela del benessere (non della mera assenza di patologia).
Il risarcimento del danno
Con l’affermazione del diritto della persona al proprio benessere, si è avuta anche quella del diritto al risarcimento per il caso di mancato conseguimento del risultato utile richiesto al medico.
Ma, in ragione dell’antico privilegio concesso ai medici, si è esclusa una responsabilità connessa all’adempimento della libera prestazione di cura. Un sindacato sull’adempimento del professionista non era ipotizzabile.
Per questa ragione si è scelto di far rispondere il medico in via extracontrattuale, muovendo non già dall’adempimento professionale bensì dall’eventuale danno cagionato alla persona del paziente.
Nonostante l’inquadramento della responsabilità del medico all’interno della responsabilità extracontrattuale, si è comunque concessa al professionista l’attenuazione di responsabilità prevista (ma per il contratto medico-paziente!) dall’art. 2236 c.c.
Concorso di responsabilità
Nello stesso tempo, le decisioni giurisprudenziali hanno stabilito una responsabilità di tipo contrattuale in capo alle strutture sanitarie (si veda, ad esempio, Cass., 24 marzo 1979, n. 1716).
Ciò è avvenuto dopo il superamento del privilegio consistente nella sostanziale immunità a favore di tali strutture pubbliche (si veda Cass., sez. un., 6 maggio 1971, n. 1282).
Si è avuta così la simultanea applicazione, alla fattispecie complessa medico-struttura-paziente, di due differenti discipline.
Si è applicata quella della responsabilità contrattuale verso la struttura e quella della responsabilità per fatto illecito verso il medico.
Valorizzazione della prestazione professionale
Per evitare queste disomogeneità, si è scelto successivamente di dar valore all’adempimento professionale da parte del medico.
Si è riconosciuto, così, che la responsabilità del medico non potesse sorgere col danno (come in caso di illecito) ma proprio per l’inadempimento dei doveri verso il paziente.
Si è giunti così a qualificare entrambe le responsabilità, della struttura e del medico, come contrattuali.
Le relazioni giuridiche tra i soggetti coinvolti
Ma questa ricostruzione non si allinea agli schemi civilistici.
Secondo questi ultimi, sussistono tre relazioni:
- la relazione tra struttura sanitaria e medico dipendente, di origine contrattuale,
- quella tra paziente e struttura sanitaria, anch’essa di origine contrattuale e scaturente dall’accettazione del paziente presso l’ente ospedaliero,
- quella tra medico e paziente.
Questa terza relazione vede il medico che agisce come ausiliario della struttura.
Si applica quindi l’art. 1228 c.c.
Quindi:
salva diversa volontà delle parti, per i fatti dolosi o colposi del medico risponde la struttura nei confronti del paziente.
Di conseguenza, contrariamente a quanto stabilito dalla giurisprudenza, non si dovrebbe ammettere che il paziente possa chiamare in giudizio il medico per far valere le responsabilità connesse al contratto con la struttura sanitaria.
Ogni responsabilità dovrebbe essere direttamente ascrivibile alla struttura stessa, la quale ben potrebbe agire in via di rivalsa verso il medico.
Il decreto Balduzzi
A far fronte all’esagerazione, in termini di richieste risarcitorie (e di sentenze di condanna), nei confronti dei medici, connessa alla considerazione del medico come soggetto direttamente responsabile contrattualmente verso il paziente, ha pensato il legislatore.
Ci si riferisce al decreto Balduzzi, d.l. 13 settembre 2012, n. 158, convertito in l. 8 novembre 2012, n. 189.
Si è disposto che
il medico che nello svolgimento della propria attività professionale si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve, ma resta comunque fermo l’obbligo di cui all’art. 2043 c.c.
Secondo il testo normativo,
il giudice, nella determinazione del risarcimento del danno, deve tener debitamente conto della condotta di osservanza delle linee guida e delle buone pratiche da parte del medico
La giurisprudenza, tuttavia, ha continuato a considerare contrattuale la responsabilità del medico, come se nulla sia cambiato.
Probabilmente ha giocato un ruolo, al riguardo, l’infelice formulazione della norma su citata.
Esiste un disegno di legge, approvato dalla Camera, rivolto proprio a escludere che il medico – mero ausiliario, come detto – possa essere chiamato a rispondere direttamente in via contrattuale.
… si tratta del testo che confluirà nella legge Gelli-Bianco, che verrà trattata infra come “aggiornamento” rispetto alla situazione esistente al momento della relazione alla Camera del Prof. Gaetano Edoardo Napoli ..
Questi segnali forniti dal nostro legislatore hanno un valore sociale rilevante.
È noto, infatti, che un carico di responsabilità in capo al medico, comporta l’adozione di una medicina difensiva, volta più a evitare condanne che a curare liberamente.
Per questa ragione, si deve cercare di dare un argine alle condanne dei medici da parte della giurisprudenza, basate su una pretesa responsabilità contrattuale del medico.
La fiducia tra medico e paziente
Una riflessione è certamente mancata in giurisprudenza. Si fa riferimento all’importanza alla fiducia che deve sussistere tra medico e paziente.
Si tratta di un parametro giuridico – quello della fiducia – che in altri istituti trova riconoscimento (si pensi all’amministrazione di sostegno, alla somministrazione, ai negozi fiduciari, ecc.).
E trova riconoscimento anche nel settore qui in esame.
Si pensi che il codice deontologico (e lo stesso giuramento prestato dai medici ai fini dell’iscrizione all’Albo) richiama più volte la necessità che si dia valore alla fiducia.
E il codice in materia di protezione dei dati personali rinvia al codice deontologico, affidandogli una portata normativa indiretta. Si dispone che il trattamento medico contrario a quanto previsto dal codice deontologico è illecito.
Si auspica che il canone della fiducia prenda presto il posto del criterio della conflittualità medico-paziente anche nelle pronunce della giurisprudenza.
Aggiornamento rispetto al momento della relazione del prof. Gaetano Edoardo Napoli alla Camera
Il legislatore è stato certamente consapevole del mancato raggiungimento dell’obiettivo, preso di mira dal decreto Balduzzi, di una maggiore libertà di azione in capo al medico.
Non si è raggiunto, infatti, il fine di un’attività medica non più caratterizzata dalla c.d. medicina difensiva.
Questa situazione è conseguita al mantenimento, da parte dei giudici, dell’inquadramento della responsabilità del medico nell’ambito della responsabilità conrtattuale.
Per questa ragione, il legislatore è nuovamente intervenuto in materia, con la l. 8 marzo 2017 n. 24.
Si è voluto proprio escludere che il medico – mero ausiliario della struttura – possa essere chiamato a rispondere direttamente in via contrattuale nei confronti del paziente.
La legge Gelli-Bianco
L’art. 7 della l. 8 marzo 2017 n. 24 – denominata anche legge Gelli-Bianco – così dispone:
La struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata che, nell’adempimento della propria obbligazione, si avvalga dell’opera di esercenti la professione sanitaria, anche se scelti dal paziente e ancorché non dipendenti della struttura stessa, risponde, ai sensi degli articoli 1218 e 1228 del codice civile, delle loro condotte dolose o colpose.
Secondo la norma, questa regola
si applica anche alle prestazioni sanitarie svolte in regime di libera professione intramuraria ovvero nell’ambito di attività di sperimentazione e di ricerca clinica ovvero in regime di convenzione con il Servizio sanitario nazionale nonche’ attraverso la telemedicina.
Si rivolge direttamente al medico il terzo comma.
La norma stabilisce che nelle su menzionate situazioni
l’esercente la professione sanitaria risponde del proprio operato ai sensi dell’art. 2043 c.c., salvo che abbia agito nell’adempimento di obbligazione contrattuale assunta con il paziente.
L’incidenza di questa norma in materia di responsabilità medica
Questa norma ha, di sicuro, una portata meno dirompente di quanto si intenda affermare nei vari commenti sulla materia.
La legge ha semplicemente dettato una norma di disciplina, non ha certo formulato una norma di fattispecie:
- il medico non può infatti essere mai considerato alla stessa stregua di un soggetto qualsiasi, che cagiona un illecito (fattispecie contemplata dall’art. 2043 c.c.);
- al medico si applica tuttavia, in ragione della legge Gelli-Bianco, la disciplina prevista dall’art. 2043 c.c.
In definitiva, muta allora direttamente solo il regime dell’onere della prova nel rapporto di responsabilità tra medico e paziente.
L’onere di provare il dolo o la colpa del medico e l’onere di provare il rapporto tra la condotta e il danno ingiusto fanno capo adesso al paziente.
L’inquadramento della responsabilità medica
Dall’indicata formulazione non può invece derivare un mutamento del generale inquadramento della responsabilità del medico.
La responsabilità del medico, insomma, non diventa di tipo extracontrattuale.
Restano, in particolare, invariate, rispetto al passato, le regole da applicare in materia di prescrizione, di capacità, di quantificazione del danno risarcibile.
Per queste ultime discipline bisogna, pur sempre, far riferimento alla normativa in materia di responsabilità contrattuale.
Questa conclusione deriva proprio dal fatto che non è mutato (ovviamente) l’inquadramento della fattispecie medico-paziente nell’ambito del diritto civile.
D’altronde, a voler ragionar diversamente, ci si dovrebbe domandare:
- come potrebbe mai il legislatore affermare che il medico è da considerare come un soggetto qualsiasi nei confronti del paziente?
- come potrebbe mai paragonarsi la relazione medico-paziente a quella che nasce (ad esempio) con un sinistro stradale?
- cioè, come potrebbe la relazione medico-paziente considerarsi simile alla relazione tra il soggetto che guidando la propria auto tampona, con questa, un’auto che procede davanti alla sua e il soggetto proprietario dell’autovettura tamponata?
Solamente alle relazioni che si hanno in quest’ultima tipologia di fattispecie e, in generale, in quelle fattispecie in cui due soggetti si incontrano col verificarsi di un danno, cagionato da uno all’altro, si possono applicare le norme (sulla prescrizione, la quantificazione del danno, la capacità) dettate in materia di responsabilità extracontrattuale.
La ratio di ciascuna di queste norme non può che rivolgersi alle relazioni tra due tendenziali sconosciuti che entrano in rapporto con un danno cagionato da uno dei due all’altro.
La specializzazione dello Studio Legale
Sin dagli anni Sessanta, lo Studio Legale si occupa di responsabilità medica e di responsabilità sanitaria, in ragione della qualificata competenza in materia.
Per consulenza legale in materia di responsabilità medica e di responsabilità sanitaria si possono utilizzare i seguenti recapiti
Studio di Roma 0637511532
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