Matrimonio e amministrazione di sostegno Il matrimonio con la badante può essere impugnato

Il caso di specie sul matrimonio con la badante

Tizio, ultraottantenne e invalido al 100%, contrae matrimonio con la badante, di quarant’anni più giovane.

Successivamente, si rende necessario disporre, nei suoi confronti, l’amministrazione di sostegno.

I figli di Tizio constatano la dilapidazione del suo patrimonio.

Così chiedono l’annullamento del matrimonio con la badante, per incapacità.

I giudizi di merito

Il tribunale respinge la domanda.

Al contrario, la Corte di appello dichiara invalido il matrimonio con la badante.

La questione approda quindi in Cassazione, che ribalta la decisione dei giudici di secondo grado.

Le norme di riferimento

Le norme che vengono in rilievo sono le seguenti.
L’art. 85 cod. civ. 1° comma, c.c. prevede che

non può contrarre matrimonio l’interdetto per infermità di mente

L’art. 119 cod. civ. dispone che

il matrimonio di chi è stato interdetto per infermità di mente può essere impugnato se l’interdizione risulta pronunziata posteriormente ma l’infermità esisteva al tempo del matrimonio

Secondo l‘art. 120 cod. civ.

il matrimonio può essere impugnato da quello dei coniugi che provi di essere stato incapace di intendere o di volere al momento della celebrazione del matrimonio.

Cenni sull’istituto

L’amministrazione di sostegno offre a chi si trovi nell’impossibilità, anche parziale, di provvedere ai propri interessi uno strumento di assistenza.

Si tratta di uno strumento duttile, in grado di adeguarsi alle esigenze del beneficiario.

Il supporto offerto a quest’ultimo deve sacrificare nella minor misura possibile la sua capacità di agire.

L’ampiezza dei poteri conferiti al giudice gli consente di individuare gli atti che il beneficiario può compiere.

Perciò il giudice deve previamente valutare in concreto le condizioni psico-fisiche dell’interessato.

Ne deriva che il giudice tutelare può imporre una limitazione della capacità di contrarre matrimonio.

Differenze rispetto all’interdizione

La finalità dell’amministrazione di sostegno è differente rispetto a quella dell’interdizione.

Le limitazioni generalizzate previste per l’interdizione non possono trovare applicazione nell’amministrazione di sostegno.

L’art. 411 c.c. consente comunque al giudice tutelare di disporre l’estensione di talune limitazioni previste per l’interdetto.

Vi sono tuttavia disposizioni dettate per l’interdetto che sono inapplicabili al beneficiario dell’amministrazione di sostegno.

Si pensi all’art. 119 c.c., che consente ai parenti dell’interdetto di impugnare il matrimonio da questi contratto.

Annullamento del matrimonio del beneficiario

Quando il giudice ritiene il beneficiario incapace di contrarre matrimonio, dispone il relativo divieto con il decreto.

Se la prescrizione viene disattesa, si può proporre impugnazione.

Ad esempio, si può così invalidare il matrimonio con la badante.

Nel caso in cui, invece, il decreto nulla disponga al riguardo – come nel caso che occupa – il matrimonio con la badante non può essere impugnato.

L’art. 119 c.c., che permette  l’impugnazione ai terzi, è infatti dettato con riguardo all’interdetto.

La norma tutela un interesse pubblicistico. Infatti, è prevista la legittimazione del pubblico ministero.

La disposizione non opera però nei confronti al beneficiario dell’amministrazione di sostegno.

Il principio espresso da Cassazione 11 maggio 2017 n. 11536

Il ragionamento della Cassazione è stato il seguente.

Il matrimonio del beneficiario di amministrazione di sostegno è valido se non è vietato dal decreto.

In caso di incapacità naturale del soggetto, questi può invalidare il matrimonio con la badante ex art. 120 cod. civ.

I parenti, così come tutti i terzi, non possono impugnare il matrimonio con la badante ai sensi dell’art. 119 cod. civ.

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