L’affidamento dei minori I casi di affidamento esclusivo. L'irrilevanza delle ragioni economiche

L’affidamento condiviso. Le ragioni di tutela dell’interesse del minore

L’affidamento condiviso deve essere modulato in maniera tale da corrispondere al superiore interesse del figlio minore. È per tale ragione che può prevedersi che, nonostante la condivisione di affidamento tra i genitori, il figlio continui a vivere accanto alla madre, qualora ciò permetta di salvaguardare i suoi equilibri relazionali. Su questa linea interpretativa, si può citare Trib. Modena, decr. 18 aprile 2007, in Nuova giur. civ. comm., 2008, I, 512.

Per la corrispondenza dell’affidamento all’interesse del minore è opportuno essere seguiti da un esperto in materia di crisi familiare, separazione, divorzio, procedimenti di diritto di famiglia. Un competente avvocato in diritto di famiglia conosce infatti i delicati equilibri tra i soggetti coinvolti nei procedimenti che riguardano la famiglia in crisi. In tal modo, l’avvocato è in grado di suggerire al Cliente le scelte più efficaci e di attivarsi in giudizio per la migliore tutela delle ragioni del proprio assistito.

Il “genitore psicologico”

Considerando la problematica secondo un’ottica psicologica, si può considerare opportuno che in ogni caso il minore mantenga la residenza presso il genitore psicologico. Si fa riferimento al genitore che all’esito della perizia psicologica risulta più rispondente all’interesse del figlio. In tale direzione si veda, Goldstein J., Freud A., Solnit, Beyond the Best Interests of the Child, New York, 1973, ove si afferma che i provvedimenti sull’affidamento devono salvaguardare la continuità di relazione.

Tale continuità non potrebbe ottenersi in caso di affidamento a un genitore che il minore non ha mai conosciuto. Si deduce da ciò la centralità della perizia psicologica. Essa rileva nel momento in cui il giudice deve comprendere l’effettivo delinearsi delle dinamiche relazionali tra i genitori e tra questi e il minore.

In tal modo si permette, per altro, al Pubblico Ministero, di fondare su indici specifici il proprio intervento. Si veda, a tal proposito, Grimaldi, Affidamento congiunto e alternato della prole tra psicologia e diritto, in Dir. fam., 1989, 322 s., nonché Cividali, in AA.VV., Il minore e il giudice civile, Padova, 2000, 211 ss.

L’importanza della bigenitorialità

Salvo casi eccezionali, viene ormai considerato di prioritaria importanza, da parte del nostro legislatore, il rapporto con entrambi i genitori. Lo si nota dalle modifiche che la recente disciplina ha apportato al codice civile. Il giudice deve adesso valutare prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori (art. 155 c.c.).

Anche in caso di acuta conflittualità tra i genitori non può escludersi a priori l’applicazione del nuovo istituto dell’affidamento condiviso.

Un avvocato in diritto di famiglia deve comunicare al proprio Cliente che l’attuale normativa rende prioritaria la scelta verso la condivisione dell’affidamento tra entrambi i genitori.

È ovvio, per altro, che non può pretendersi una piena armonia tra i genitori che abbiano deciso di vivere separati.

Vi è chi ritiene che debba essere promosso il recupero dell’armonia tra di essi, smorzando la conflittualità esistente. Si veda, in tal senso, Manera, Se un’elevata conflittualità tra i genitori (uno dei quali tacciato di omosessualità) escluda l’applicazione in concreto dell’affidamento condiviso, in Dir. fam., 2007, 1692.

In alcuni casi è ammesso un affidamento esclusivo

Nonostante la tendenza verso l’affidamento condiviso, in alcune peculiari situazioni è da considerare però ammissibile l’esclusione del rapporto tra il figlio e uno dei genitori.

A tal fine il giudice deve assumere una posizione decisa, con adeguata e specifica motivazione.

Per affidare il figlio esclusivamente ad un genitore la motivazione deve riguardare i risultati del concreto accertamento in merito all’interesse del minore. Ciò è stato ribadito da Cass., 18 maggio 2006, n. 11749, in Foro it., 2007, I, 184.

Affidamento condiviso in caso di pregiudizio connesso al rapporto con l’altro genitore

L’affidamento condiviso è da considerare contrario all’interesse del figlio, e non può essere disposto, qualora il rapporto tra il minore ed uno dei genitori sia ritenuto pregiudizievole per il primo.

In tal senso, si veda Trib. Firenze, 22 aprile 2006, in Fam. dir., 2006, 291. Con tale provvedimento si è affermato che non può essere disposto l’affidamento condiviso qualora il minore rifiuti categoricamente qualsiasi rapporto con uno dei genitori.

A tal proposito, si veda in dottrina Dogliotti, Sul riconoscimento del figlio naturale, in Foro lt., 1980, I, 819.

Considerata la priorità che la nuova normativa dà all’affidamento condiviso, la motivazione di un provvedimento di affidamento esclusivo deve aver riguardo a tutti gli elementi che determinano un necessario collegamento tra l’interazione del minore col genitore al quale non si concede l’affidamento e il pregiudizio per il figlio.

Si deve trattare di pregiudizio non eventuale ma certo o, almeno, quasi certo in virtù dello stile di vita del genitore al quale ci si oppone o della incapacità di questi all’assistenza, soprattutto morale e affettiva, nei confronti del minore.

Quanto detto dimostra come la nostra legislazione abbia, tramite i recenti interventi normativi, voluto ostacolare l’affidamento esclusivo.

A dimostrazione del recepimento dell’orientamento che fa leva sull’importanza della condivisione di responsabilità in capo ad entrambi i genitori, si segnala un intervento giurisprudenziale. Con esso è stato disposto l’affidamento condiviso anche in caso di genitore omosessuale. Si tratta di Trib. Bologna, decr. 15 luglio 2008, in personaedanno.it.

Per valutare l’eventuale sussistenza di un ragionevole nesso tra rapporto col genitore e pregiudizio del minore, il giudice può anche disporre d’ufficio i mezzi di prova. In ogni caso, chi chiede l’affidamento esclusivo deve dimostrare la violazione da parte dell’altro genitore dei doveri che questi ha verso il figlio.

Il mancato adempimento dell’obbligo di mantenimento

In virtù di quanto esposto, in considerazione delle recenti tendenze legislative, non si comprende Cass., 17 dicembre 2009, n. 26587. Con questa sentenza si è ammesso l’affidamento esclusivo a favore della madre come conseguenza del mancato adempimento del padre all’obbligo di corrispondere le somme per il mantenimento dei figli. Tale comportamento è stato ritenuto sintomatico delta mancanza di qualsiasi impegno per soddisfare le esigenze dei figli.

Non si può condividere la direzione assunta dalla Suprema Corte di Cassazione. La normativa sull’affidamento condiviso prescrive infatti una specifica motivazione in merito all’accertamento del pregiudizio in capo al minore. Il danno che si arrecherebbe al minore con l’affidamento condiviso deve essere provato. Esso non può essere desunto secondo una deduzione fondata su comportamenti sintomatici.

Per altro, in relazione all’inadempimento degli obblighi di natura economica, le soluzioni dovrebbero essere rinvenute attraverso le procedure volte al conseguimento coattivo del pagamento, non certo tramite provvedimenti volti alla soppressione del rapporto del genitore con il proprio figlio.

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