Le informazioni aziendali riservate Segreto aziendale e ruolo di un avvocato esperto in materia

Il quadro normativo sul segreto aziendale

Attualmente il riconoscimento e la tutela delle informazioni aziendali riservate trovano fondamento nel codice della proprietà industriale e successive modifiche.

Prima dell’adozione del suindicato testo normativo, la tutela era garantita dall’art. 6-bis r.d. 29 giugno 1939 n. 1127 e successive modifiche.

La normativa previgente, però, rimandava esclusivamente alla figura della concorrenza sleale, quindi alla disciplina dettata dall’art. 2598 c.c.

Si apprestava così una protezione molto circoscritta.

La situazione è mutata con il codice della proprietà industriale.

Innanzitutto, nel sistema attuale, le suddette informazioni sono, ai sensi dell’art. 1 c.p.i., ricomprese nell’espressione proprietà industriale.

Esse rientrano nella categoria dei c.d. diritti non titolati, in quanto la loro protezione non viene garantita mediante il rilascio di un brevetto o di una registrazione ma solo quando ricorrono determinati presupposti di legge.

La nozione e i presupposti

L’art. 98 c.p.i. recita:

1. Costituiscono oggetto di tutela le informazioni aziendali e le esperienze tecnico-industriali, comprese quelle commerciali, soggette al legittimo controllo del detentore, ove tali informazioni:
a) siano segrete, nel senso che non siano nel loro insieme o nella precisa configurazione e combinazione dei loro elementi generalmente note o facilmente accessibili agli esperti ed agli operatori del settore;
b) abbiano valore economico in quanto segrete;
c) siano sottoposte, da parte delle persone al cui legittimo controllo sono soggette, a misure da ritenersi ragionevolmente adeguate a mantenerle segrete.

2. Costituiscono altresì oggetto di protezione i dati relativi a prove o altri dati segreti, la cui elaborazione comporti un considerevole impegno ed alla cui presentazione sia subordinata l’autorizzazione dell’immissione in commercio di prodotti chimici, farmaceutici o agricoli implicanti l’uso di nuove sostanze chimiche.

Il dettato normativo, sancendo i presupposti necessari affinché possa essere garantita la tutela di un’informazione aziendale riservata, delinea una definizione della stessa:

  • si tratta dunque di un’informazione segreta (nel senso di generalmente non nota o non facilmente accessibile),
  • che ha un valore economico proprio in quanto segreta e
  • che è sottoposta a misure (da ritenersi ragionevolmente) adeguate a mantenerla segreta.
La tutela prevista dal codice della proprietà industruale

La disposizione di riferimento, in relazione alla tutela delle informazioni segrete, è l’art. 99 c.p.i., secondo il quale

ferma la disciplina della concorrenza sleale, il legittimo detentore delle informazioni e delle esperienze aziendali di cui all’articolo 98, ha il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di acquisire, rivelare a terzi od utilizzare, in modo abusivo, tali informazioni ed esperienze, salvo il caso in cui esse siano state conseguite in modo indipendente dal terzo.

Il primo inciso – ferma la disciplina della concorrenza sleale – sembra delineare un’apertura a favore di una tutela anche per le ipotesi in cui non ricorrano tutti i requisiti previsti dall’art. 98 c.p.i.

La giurisprudenza, in varie pronunce, si è orientata proprio in questo senso.

Si è statuito così che deve applicarsi la normativa inerente alla concorrenza sleale alle fattispecie concernenti la tutela di informazioni aziendali riservate, quando queste ultime non presentino i requisiti indicati dall’art. 98 c.p.i. (cfr. Trib. Bologna 22 giugno 2010; Trib. Orvieto 4 luglio 1996).

La tutela garantita dall’art. 99 c.p.i. non è assoluta (così come era invece previsto nella precedente formulazione della norma, che ha subito recenti modifiche).

Si ha difatti una tutela relativa, in quanto la legittimazione attiva spetta esclusivamente al legittimo detentore delle informazioni e delle esperienze aziendali.

Inoltre, la tutela è invocabile solo nei casi in cui la condotta del terzo, che deve essere abusiva, rientri in  una delle tre ipotesi previste dalla norma in oggetto:

  • acquisizione,
  • rivelazione a terzi o
  • utilizzazione delle informazioni o esperienze aziendali.
Ulteriori strumenti di tutela

Con riferimento esclusivamente all’ipotesi in cui la violazione sia stata posta in essere dal lavoratore dipendente, ulteriore forma di tutela è prevista dall’art. 2105 del c.c.

Tale articolo concerne l’obbligo di fedeltà del lavoratore subordinato nei confronti dell’imprenditore e statuisce, tra l’altro, il divieto di divulgazione da parte del dipendente stesso di

notizie attinenti all’organizzazione e ai metodi di produzione dell’impresa.

Gli si vieta altresì di

farne uso in modo da poter recare pregiudizio all’impresa stessa.

Le imprese, d’altronde, sono quotidianamente esposte alla eventualità di violazione dei propri segreti aziendali.

Il pericolo in questione non proviene sempre dalla stessa realtà aziendale ma può provenire dall’esterno.

Si pensi soltanto al vasto panorama di soggetti con cui  l’impresa intrattiene relazioni ai fini dello svolgimento della propria attività commerciale (ad esempio, fornitori, consulenti esterni, ecc.).

Inoltre, l’impresa può interloquire con altri soggetti – che potrebbero carpirne le informazioni segrete – come le società partners, le società concorrenti ed eventuali investitori.

Circostanze di questo tipo hanno portato in alcuni casi, quale diretta conseguenza, all’esigenza di ricorrere a forme di tutela contrattuali quali gli accordi di riservatezza.

La redazione di tali accordi deve essere curata da giuristi altamente specializzati in materia.

Il ruolo fondamentale di un avvocato esperto in diritti di proprietà industriale

Le criticità che accompagnano la tutela dei diritti di proprietà industriale rendono necessario affidarsi a un professionista esperto e competente in materia.

avvocato proprietà intellettuale

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