Il risarcimento del danno da demansionamento può provarsi per presunzioni Cassazione 9 maggio 2016 n. 9309

Il principio espresso dalla Cassazione come regola per un avvocato lavorista esperto.

La Suprema Corte di Cassazione ha enunciato il seguente principio:

in tema di risarcimento del danno lamentato dal lavoratore per demansionamento professionale, la prova dell’adibizione a mansioni inferiori può essere fornita anche in via presuntiva.

In merito alla prova da fornire, la Cassazione ha affermato che, per giurisprudenza costante, costituiscono idonei elementi presuntivi dell’esistenza di un danno patrimoniale risarcibile, tra gli altri, la durata del demansionamento, l’entità dello stesso in relazione alle mansioni in precedenza svolte, la preclusione della crescita professionale (…) la qualità e quantità della esperienza lavorativa pregressa, il tipo di professionalità colpita.

 Il caso esaminato.

Nella specie, un lavoratore che rivestiva il ruolo di capo servizio presso la società Equitalia, a seguito di alcune critiche da lui espresse in merito a un prodotto informatico, era stato sollevato dall’incarico che ricopriva e assegnato a mansioni dequalificanti, marginali ed episodiche. Tale demansionamento, perpetratosi per diversi anni,  gli aveva cagionato seri problemi di salute.

La Cassazione, nel confermare le decisioni di merito, ha riconosciuto che la prova del danno subito dal lavoratore poteva desumersi da elementi presuntivi rappresentati

  • dalla durata dell’adibizione a mansioni dequalificanti,
  • dalla gravità di tale demansionamento,
  • dalla conoscibilità all’interno e all’esterno del luogo di lavoro della predetta dequalificazione,
  • dalla frustrazione di precisate e ragionevoli aspettative di progressione professionale,
  • dagli effetti negativi dispiegati nelle abitudini di vita del soggetto.

Si tratta di elementi che un avvocato lavorista deve quindi conoscere.

L’avvocato di diritto del lavoro.

Il tema del risarcimento del danno da demansionamento professionale (che non può considerarsi provato in re ipsa, come sancito dalla sentenza n. 1725 del 2014 della Cassazione) rappresenta un argomento sul quale si registrano numerose pronunce (Cass. 7471/2012; Cass. 21865/2013; Cass. 2886/2014; Cass. 1327/2avvocato diritto del lavoro015).

Per  un avvocato lavorista si impone, quindi, un’attività di continuo aggiornamento professionale al fine di garantire al cliente, sia esso datore di lavoro o lavoratore, una soluzione che risulti in linea con gli ultimi orientamenti della giurisprudenza.

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