L’adozione dell’affidatario e il diritto del minore alla continuità affettiva Adozione del minore: il valore del rapporto affettivo instaurato durante l'affidamento

Il valore della continuità affettiva e le competenze di un avvocato esperto in adozioni

La nuova legge 19 ottobre 2015, n. 173, recante “Modifiche alla legge 4 maggio

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1983, n. 184, sul diritto alla continuità affettiva dei bambini e delle bambine in affido familiare“, riconosce un importante principio, ovvero il diritto alla continuità dei rapporti affettivi dei minori in affido familiare.

La nuova legge, ridefinendo i rapporti tra l’istituto dell’adozione e quello dell’affidamento familiare, risolve un problema noto da tempo.

L’affidamento familiare

L’affidamento familiare è stato introdotto con lo scopo di accogliere un minore, che sia temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo, in un’altra famiglia o in un istituto di assistenza.

Lo scopo è quello di fargli ricevere le cure indispensabili, per un periodo necessario al superamento delle difficoltà della famiglia di origine.

Obiettivo dell’istituto è quindi di permettere al bambino di essere reintegrato nella famiglia di origine. Ciò avviene a tutela del “diritto del minore di crescere ed essere educato nell’ambito della propria famiglia”.

Affidamento familiare e adozione

È evidente la differenza di tale istituto da quello dell’adozione, volto invece a dare una nuova famiglia, in maniera irreversibile, al minore che versi in stato di abbandono.

La legge n. 184/1983 ha rispettato, fino all’entrata in vigore della L. n. 173 del 2015, questa netta distinzione tra i due istituti.

Tuttavia le attuali dinamiche familiari, sempre più complesse, da leggere in correlazione con un’apposita pronuncia della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, hanno portato il legislatore a revisionare gli istituti pensati per affrontare i disagi familiari in un’ottica di ottimizzazione.

La decisione della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo

In particolare, la sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo del 27 aprile 2010 n. 354 ha fornito una spinta al rinnovo della materia.

Con tale pronuncia si è accertata l’avvenuta violazione da parte dei giudici italiani degli interessi del minore e della coppia affidataria tutelati a livello internazionale. Ciò si è avuto in quanto la legge italiana non teneva in alcuna considerazione i legami affettivi venutisi a creare tra i soggetti qui menzionati.

Nel caso di specie, la coppia affidataria aveva richiesto l’adozione del minore – una bambina – che aveva vissuto con la coppia in affido per più di un anno.

Successivamente alla dichiarazione di adottabilità, la bambina era stata data in adozione a un’altra famiglia.

La Corte ha riconosciuto sussistente la violazione dell’art. 8 CEDU poiché non è stato assicurato dalle autorità il rispetto del rapporto affettivo creatosi tra la minore e la famiglia affidataria.

La durata effettiva dell’affidamento familiare

Le stime rivelano che nell’affidamento familiare, in quasi il 60% dei casi, la permanenza del minore presso gli affidatari si prolunga per un periodo superiore rispetto a quello previsto dalla legge. E nella metà di questi casi si superano i quattro anni.

Conseguenza evidente è il forte legame che si instaura tra la coppia affidataria, o il singolo nei casi in cui la legge prevede che questo possa adottare, e il minore.

Le previsioni della legge in materia di adozione

Secondo l’originario schema della legge n. 184 del 1983, nel caso in cui la situazione critica che ha giustificato l’allontanamento della famiglia di origine e l’instaurarsi dell’affidamento familiare, si risolveva negativamente e il minore veniva dichiarato adottabile, la strada da seguire era unicamente quella dell’adozione. E al termine del procedimento, il minore trovava, ad accoglierlo, una terza famiglia.

Nessuna preferenza, ai fini dell’adozione veniva accordata alla famiglia affidataria: al minore non veniva così assicurata una continuità nei rapporti affettivi.

La giurisprudenza

Il problema del legame affettivo instauratosi tra la famiglia affidataria e il minore è stato comunque affrontato dai Giudici minorili.

Si è così ammessa “la conversione” dell’affidamento in adozione in casi particolari, mediante l’estensione dell’art. 44 della legge n. 184 del 1983.

Ma ciò è avvenuto solo in alcuni procedimenti, mandando una regola generale in materia.

La recente normativa

La legge n. 173 del 2015 ha inteso risolvere la situazione di incertezza creatasi nella giurisprudenza minorile.

Sono state introdotte nuove norme nella legge sull’adozione e si è data attuazione al principio della continuità dei rapporti nati durante il periodo dell’affidamento.

Ciò consente una effettiva tutela dell’interesse del minore.

Il nuovo comma 5-bis dell’art. 4 della legge n. 184 del 1983 prevede così che il Tribunale per i minorenni, dichiarato lo stato di adottabilità di un minore in affidamento familiare, nel decidere sulla domanda di adozione presentata dalla famiglia affidataria, deve tener conto dei legami affettivi significativi e del rapporto stabile e duraturo consolidatosi tra il minore e la famiglia affidataria, sussistendo i requisiti previsti per l’adozione.

Il comma 5-ter ha introdotto una novità importante. Nelle ipotesi in cui il minore faccia ritorno nella famiglia di origine o sia dato in affidamento ad altra famiglia o sia adottato da altra famiglia è tutelata, se rispondente all’interesse del minore, la continuità delle relazioni che si sono instaurate durante il periodo di affidamento.

Gli affidatari possono veder garantita tale continuità attraverso, ad esempio, il diritto di visita.

Il giudice è tenuto inoltre ad ascoltare il minore che abbia più di 12 anni, ma anche l’infradodicenne in ragione della sua capacità di discernimento.

Le facoltà attribuite agli affidatari nell’interesse del minore

Il nuovo testo ha ampliato i diritti degli affidatari.

Si è garantita, alla famiglia o alla persona che ha il minore in affido, la legittimazione a intervenire in tutti quei procedimenti che riguardano il minore. Si tratta dei procedimenti civili in materia di responsabilità genitoriale, di affidamento e di adottabilità. Si è attribuita inoltre, a tali soggetti, la facoltà di presentare memorie scritte nell’interesse del minore.

A tutela delle suddette prerogative, la mancata convocazione di questi speciali legittimati nei procedimenti menzionati è sanzionata con la nullità.

Legame affettivo consolidatosi durante l’affidamento e adozione del minore

Il legame formatosi durante l’affidamento è rilevante anche ai fini dell’adozione ai sensi dell’art. 44 della legge n. 184 del 1983.

Per l’esattezza, l’art. 44, I comma, lett. a), con riguardo all’adozione particolare, disponeva che il minore potesse essere adottato, quando non sussistessero i requisiti per l’adozione piena, solamente da persone unite al minore, orfano di padre e madre, da vincolo di parentela fino al sesto grado o da rapporto stabile e duraturo preesistente alla perdita dei genitori.

La nuova legge ha introdotto a questa disposizione il seguente inciso: anche maturato nell’ambito di un prolungato periodo di affidamento.

Alla luce di ciò il testo della legge, così integrato, ha garantito la tutela della continuità nelle relazioni con la famiglia ex affidataria, purché ciò risponda all’interesse del minore.

Nel caso in cui sia disposta l’impossibilità del rientro del minore nella propria famiglia d’origine (tra cui si fa rientrare, in ragione della novella citata, anche la famiglia affidataria) e il minore sia dichiarato adottabile, gli affidatari possono richiederne l’adozione.

Il Giudice chiamato a pronunciarsi sull’adozione, nell’abbinamento tra nuova famiglia e minore, deve tener conto dei legami creatisi durante il periodo di affidamento.

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